_ MONUMENTO AI MORTI IN MARE DI LAMPEDURSA _

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giovedì 7 gennaio 2010

DON CIOTTI ..LIBERA

Anche la sparatoria è un'avvertimento
Don Luigi Ciotti e la «guerra» di Rosarno. «Libera», l'associazione nata per combattere le mafie, ha un ruolo importante, in questo pezzo di Calabria dominato (in larga parte) dalle famiglie dell'ndrangheta. «I miei ragazzi sono lì, queste persone vanno difese...».

Che fare, adesso?
«Posso dire che a Rosarno è sempre stata attiva una diffusa rete di solidarietà tra la popolazione locale e gli immigrati, le comunità cristiane e non solo. C'è una cultura molto radicata tra la gente, quella di offrire aiuto, in modo concreto...il cibo, i vestiti, il sostegno di ogni giorno. Ma ogni dettaglio dell'accoglienza, la gestione del circuito perverso delle "assunzioni", dei rifugi in cui queste persone in cerca di lavoro sono costrette a vivere è da sempre nelle mani della mafia. Il clima di violenza, la ribellione che ne è seguita, nascono da qui».

Anche le reazioni degli immigrati sono state violente.
«Dobbiamo dirlo nel modo più chiaro possibile, la violenza va sempre respinta, anche se chi la pratica, come in questa occasione, ha mille buone ragioni. Sì, hanno avuto una reazione esagerata ma ora bisogna tentare di capire. Le mafia che controlla il territorio sfrutta nel modo più crudele possibile gli immigrati. E lo fa con cinismo e con una spietata determinazione. E con il ricatto. Mi sembra che le istituzioni si stiano muovendo in modo corretto, offrendo anche garanzie e una prima forma di tutela. E' la direzione giusta, la repressione, da sola, non serve».

Maroni ha individuato nella clandestinità dei caporali della mafia per tenere sotto controllo i lavoratori-schiavi. E' d'accordo?
«Sì, perchè le menti criminali che gestiscono ogni minimo aspetto dello sfruttamento, sanno che gli stranieri irregolari non possono neanche tentare di ribellarsi. Sono senza documenti, senza nessuna tutela da parte dello Stato, la loro unica possibilità è quella di subire, e di lavorare, per paghe misere. Trattati peggio delle bestie, provocati sistematicamente, privi di dignità e di ogni elementare diritto. E' quasi inevitabile che situazioni di questo genere, alla fine, generino la violenza. Lo scontro in atto con la popolazione locale, con cui da anni s'era stabilito un buon rapporto, è solo la causa diretta del modo di gestire il lavoro da parte delle organizzazioni criminali».

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